Giovanni Paramithiotti fu il primo presidente dell’Inter nel 1908, ma più che la sua carica, durata appena un anno, passò alla storia per un soprannome e una reputazione tanto fastidiose quanto difficili da scrollarsi di dosso. Il dirigente veneziano, di origine ebraiche, divenne presto per tutti “Toccaferro”. E il motivo è presto detto: era considerato uno iettatore. Difficile dire con precisione quando le coincidenze divennero assolute certezze agli occhi di tifosi e giocatori, ma di certo, dopo una lunga serie di sconfitte, il colpevole era stato identificato in una sola persona: “Toccaferro”.

Se magari la sua presenza era, almeno all’inizio, commentata con sarcasmo e, forse, con qualche battuta innocente, divenne via via più ingombrante fino all’interdizione dai campi: un vero e proprio plebiscito di tifosi e giocatori che vedevano in Paramithiotti l’origine di tutte le loro sfortune, declinate in sconfitte sul campo.
Toccaferro incassò il colpo e si tenne lontano dalla propria squadra per diverso tempo. Ma l’astinenza dal calcio era un fardello troppo grande da sopportare. Così, camuffato con barba e baffi finti, tornò alla carica. Pare che il travestimento non funzionò: Paramithiotti venne riconosciuto e invitato ad allontanarsi. Ancora per poco, però. Capitò inaspettatamente, senza preavviso. L’incantesimo si ruppe. L’Inter vinse in presenza del presidente che, in barba alla scaramanzia e alle lamentele dei tifosi, si era presentato nuovamente ad una partita, rigorosamente camuffato. “La scaramanzia era bugiarda”, raccontano abbia commentato, togliendosi un sassolino dalla scarpa fastidioso quanto quel soprannome: Toccaferro.