Regalando, a tutti, piccoli capolavori. Come la doppietta negli ultimi cinque minuti di un’Inter-Real Madrid del 1998 che regala ai nerazzurri l’accesso ai quarti di Champions. È il 70’ di una gara bloccata sull’1 a 1. Zamorano lascia il campo per dare spazio a lui, il “Divin Codino”, senza più codino, un Sansone che non ha perso la forza insieme ai suoi capelli. Il rito pagano può iniziare. Due lampi folgorano le certezze del Real Madrid, quattro minuti di estasi indescrivibile, talmente difficile da esprimere a parole che quasi sembra non possa essere accaduto davvero. Ma lui è lì, reale come il suo talento, osserva la curva con gli occhi di chi ha semplicemente scritto sotto dettatura un destino inevitabile. Sensazione provata anche due anni più tardi, quando Baggio si congeda dai tifosi nerazzurri con un regalo d’addio niente male: doppietta al Parma e biglietto di sola andata per il preliminare di Champions. Come a dire: la messa è finita, andate in pace.
Mai compreso dai suoi allenatori, è stato l’unico campione davvero trasversale del nostro calcio, l’ultimo ad appartenere davvero a tutti, ad aver attraversato, uscendone indenne, passaggi di maglia complessi: Vicenza, Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter, Brescia.
Poche volte nella storia del calcio arte e sport si fondono insieme in un unico rito pagano al quale non si può far altro che assistere in silenzio e contemplazione. E quando si parla di questi rari momenti di bellezza assoluta, non si può non pensare a Roberto Baggio. La sua storia all’Inter non è stata delle più semplici, emblema sportivo del concetto di felicità, piccoli e impercettibili attimi da cogliere senza farsi troppe domande, godendo a pieno di quel lampo in cui il tempo si dissolve per lasciare spazio ad una inspiegabile quanto momentanea euforia. Tutto questo è stato Baggio vestito di nerazzurro. Momenti di estatica felicità che ancora oggi strappano un sorriso ad ogni tifoso dell’Inter.