E, ovviamente, fa gol. Saranno 30 in tutto, belli e fondamentali: c’è sempre e solo la sua firma sulle reti che decretano i trionfi nerazzurri. Due doppiette, a Cagliari e a Madrid, per il resto a segno in ventotto delle cinquantadue gare disputate in stagione. All’apice di un momento d’oro lungo 18 giorni, Diego segna contro la Roma in finale di Coppa Italia e contro il Siena nell’ultima, decisiva, giornata di campionato. La notte della finale di Champions cade il 22 di maggio, come il numero che compare sulla sua maglia. Due gol, uno per tempo, regalano ai tifosi nerazzurri la più grande gioia della loro vita. Il prato del Santiago Bernabéu è il luogo perfetto per l’incoronazione, il destro di Milito scrive il lieto fine della favola: il Principe è diventato Re.
Quello arrivato a Milano nell’estate del 2009 è un giocatore dalle indiscusse doti tecniche, mai sbocciato ad alti livelli. Nonostante qualche barlume della sua classe si fosse già intravisto fra Italia e Spagna, le grandi d’Europa lo hanno sempre ignorato: a 30 anni Milito non ha mai giocato in Champions League, né vinto nulla lontano dall’Argentina. Lo chiamano El Principe, per via di una somiglianza fisica con Enzo Francescoli, ma si batte come il più umile dei gregari. È l’idolo assoluto dei tifosi delle sue squadre, ma non ha ancora lottato per traguardi importanti. Con la maglia nerazzurra, però, si riprenderà tutto, subito e con gli interessi. Per tutta la stagione 2009/2010 sembra ispirato dalla grazia divina. Quell’anno non sbaglia, letteralmente, mai: ogni tiro è una sentenza, ogni suo pensiero si realizza in campo. Milito trova corridoi impossibili e traiettorie irreali; in una sorta di onniscienza calcistica, sceglie la giocata migliore in ogni frangente.
La sessione estiva del calciomercato 2008 è scaduta da due minuti e la porta del box della Lega Calcio è chiusa, quando un agente lancia all’interno un ultimo foglio. È il contratto di Diego Alberto Milito, attaccante argentino che, al termine di una trattativa assurda, passa dal Real Zaragoza al Genoa. La catena inarrestabile degli eventi che compone il suo destino lo porterà , due anni dopo, a decidere una finale di Champions e scrivere il più glorioso capitolo della storia dell’Inter.