Alla classe innata, âLuisitoâ accompagna vita da atleta e cultura del lavoro, allenandosi anche nei giorni liberi. Il suo segreto starebbe però in una valigetta dal contenuto misterioso: câè chi dice ci siano dentro salumi e formaggi, integrazioni alla rigida dieta imposta dallâallenatore. In quegli anni, tuttavia, SuĂĄrez porta con sè soprattutto il bagaglio di esperienza internazionale che permette allâInter di trionfare anche in Europa. Prima della finale di Coppa Campioni del 1964 a Vienna, contro il Real Madrid, i suoi compagni guardano timorosi ed estasiati i rivali in blanco e tocca allââArchitettoâ trovare le parole giuste per rianimarli. âOh ragazzi, siamo qui per batterli, mica per chiedergli un autografoâ.
Del resto, câè un motivo se si presenta allâInter, nel 1961, con lâappellativo di âArchitetto del calcioâ: arriva dalla Spagna, dove ha vinto e convinto, portandosi a casa persino il Pallone dâOro del 1960. E un affare dâoro lo fa anche il Barcellona, che lo vende ai nerazzurri per lâesorbitante cifra di 25 milioni di pesetas, oltre 250 milioni di lire dellâepoca. Proprio grazie alla cessione di SuĂĄrez, i catalani completano la costruzione del loro stadio. Lui intanto ripaga lâinvestimento con una superba visione di gioco e due piedi raffinatissimi che disegnano geometrie a ripetizione. Herrera gli affida le chiavi del centrocampo e SuĂĄrez pesca i compagni con lanci millimetrici, dispensa assist con il contagiri e spesso si mette in proprio: deliziosi tocchi con cui scansa gli avversari, sinuose finte di corpo e tiri come colpi da biliardo, che si incastonano negli angoli piĂš lontani.
Ogni allenatore ha un suo pupillo e quello di Helenio Herrera è Luis SuĂĄrez: figlio di un macellaio galiziano, sarĂ cuore e cervello delle squadre del âMagoâ. Dotato di unâintelligenza calcistica fuori dal comune, âLuisitoâ è la pedina fondamentale di uno scacchiere perfetto, lâingranaggio che consente alla macchina di girare a regime.