Decisamente lontano dalle aspettative che molto probabilmente si era creato il presidente, la prima esperienza sulla panchina nerazzurra di “Bob Pastisùn” si conclude con un’affannosa salvezza. Un vero e proprio allenatore nel pallone, dall’aspetto, però, più simile a Stan Laurel, alias Stanlio, che al mitico Oronzo Canà. Va meglio la seconda stagione, in cui conquista un più prestigioso quarto posto, anche se altrove, un altro allenatore inglese, William Garbutt, vince l’ottavo titolo nella storia del Genoa, senza mai perdere. E proprio quando la conoscenza della lingua comincia a migliorare e, di conseguenza, anche la comprensione tattica dei giocatori, per “Bob Pastisùn” è troppo tardi, anche per giocarsi il 5-5-5. Al suo posto, sulla panchina nerazzurra, arriva Paolo Schleider.
Cappello a bombetta, sorriso stampato in volto e un curriculum da buon mediano nel Crystal Palace. Si presenta così Bob Spottiswood a Milano nel 1922. È il primo allenatore professionista nella storia dell’Inter, il regalo che l’allora presidente Francesco Mauro fa alla squadra per risollevarsi dopo la terribile stagione appena passata. L’ex centrocampista inglese parla un italiano piuttosto zoppicante. I suoi giocatori lo chiamano mister, termine che da allora in Italia verrà coniato per indicare appunto gli allenatori. Presto, però, ci si rende conto che la confusione linguistica di Spottiswood si traduce anche in confusione tattica in campo, al punto che i tifosi nerazzurri trovano per lui un particolare soprannome, frutto della storpiatura dialettale del suo cognome. Per tutti diventa, infatti, “Bob Pastisùn” (Bob Pasticcione).