Gli oggetti che raccontano questa grande storia quasi non si contano. Da una riproduzione della Champions League regalata da un tifoso del Chelsea e tenuta in magazzino fino alla notte di Madrid, ai festeggiamenti del Triplete, quando “chiudemmo tutta la strada perché davanti alla carrozzeria si è creata la vera festa di Milano”, fino alla scoperta che proprio sullo stesso terreno della carrozzeria più di 100 anni fa sorgeva il primissimo campo dell’Inter. Una coincidenza, forse un destino. Ogni racconto, ognuna delle centinaia di foto appese nello studio, ogni maglia o targa racconta una storia di passione viscerale, come spiega Corrado: “Essere interista vuol dire essere partecipe di una storia comune. Il tifoso dell’Inter è l’Inter. Noi rappresentiamo il nervo scoperto del tifo. Il lunedì è doloroso più per una sconfitta dell’Inter che per l’inizio di una settimana di lavoro. Ma quando si vince la gioia è talmente grande da ripagare tutto il dolore, tutto il sangue versato”.
Il nome ma soprattutto la grande passione di Vittorio poi tramandata ai due figli, ha reso negli anni la carrozzeria un punto di ritrovo sia per i tifosi, che il lunedì la trasformano in un vero e proprio bar sport, ma anche per molti giocatori e rappresentanti della società, prima clienti poi semplici amici della famiglia Fiamberti. “Da qui sono passati in tanti – racconta Corrado – e ogni volta per noi è un entusiasmo. Uno dei primi fu Mazzola, ma poi anche Burgnich, Corso, il presidente Moratti e tutta la sua famiglia, Cruz, Zanetti che ha il ristorante qui di fronte e che appena può passa per un saluto”.
La vera anima della carrozzeria sono i personaggi che la vivono, Vittorio, il fondatore e i figli Riccardo e Corrado, tre anime nerazzurre che respirano Inter: tre meccanici, certo, ma che sotto la tuta indossano ogni giorno camicia bianca e cravatta nerazzurra. La carrozzeria è nata nel 1961, l’anno in cui l’Inter di Moratti perse lo scudetto con la Juventus, dopo la famosa partita che la Federcalcio di Agnelli fece rigiocare, quella in cui Herrera per protesta decise di mandare in campo la Primavera che fu sconfitta con un sonoro 9-1. Un’onta che Vittorio Fiamberti, allora poco più che ventenne, decise di vendicare intitolando la sua carrozzeria proprio alla sua vera e grande passione, l’Inter.
In via Carlo d’Adda a Milano alcuni giorni si respira il tipico odore del Naviglio. Gli anziani affollano i bar dalle 8 del mattino contendendosi l’immancabile Gazzetta dello Sport, la vita è quella tipica di quartiere, i marciapiedi sono larghi come un tempo. Ed è proprio su uno di quei marciapiedi, grigi e tutti uguali, che ad un tratto irrompe un grande stemma nerazzurro, lo stemma dell’Inter. È questo il simbolo da più di 56 anni della Carrozzeria Inter, un vero e proprio punto di riferimento per l’interismo puro, a Milano e non solo.