Ma più che il gossip nei ricordi dei tifosi nerazzurri rimangono le uscite spericolate, da “kamikaze” come le definisce la stampa dell’epoca. E per questo come suo erede naturale non designa l’essenziale Zoff ma lo spettacolare Castellini. Dopo il ritiro torna nella sua Romagna e apre un hotel a due passi dal mare. Lo chiama Internazionale. E per uno che ha giocato nell’Inter e militato nel Pci quel nome è quasi una scelta obbligata.
Con la maglia nerazzurra gioca per sette stagioni vincendo due scudetti (53 e 54), conquistando anche la Nazionale con cui partecipa allo sfortunato Mondiale del ’54. E’ un portiere coraggioso, fortissimo nelle uscite e per questo si merita il soprannome di Kamikaze. In quegli anni sull’altra sponda del Naviglio a difendere la porta del Milan c’è un altro grande numero 1, Lorenzo Buffon. Sono rivali in tutto: si contendono la maglia della Nazionale e il cuore di Edy Campagnoli, valletta di “Lascia e Raddoppia”. Lei, prima ha una storia d’amore con Ghezzi, poi sposerà proprio Buffon. E i due si scambiano anche le maglie di club: Ghezzi passerà al Milan e Buffon all’Inter.
Il calcio, l’amore, la rivalità maschile e la politica. Quando una vita contiene tutti questi ingredienti diventa una storia da raccontare. Per questo, quella di Giorgio Ghezzi sembra un romanzo. Tutto inizia nell’Emilia-Romagna degli anni ’50, terra rossa per eccellenza. Ghezzi è figlio del sindaco comunista di Cesenatico. In età più matura verrà eletto consigliere comunale sempre nelle file del Pci. Intanto muove i suoi primi passi da portiere: l’esordio in Serie C con il Rimini ad appena 17 anni e poi due campionati di Serie B con la maglia del Modena. Poi il grande salto con la chiamata dell’Inter.