A dieci anni dal suo arrivo, Álvaro Recoba si congeda dal pubblico di San Siro, che lo ha amato molto e talvolta capito poco, ma più spesso venerato e coccolato, come succede con i grandi amori. Lo fa a suo modo, disegnando dal calcio d’angolo una parabola perfetta: è il gol “olimpico”, l’ultima perla della sua collana di prodezze. Come nel giorno dell’esordio, un compagno gli lustra il piede sinistro. E lo stadio applaude, ammirato e malinconico: per tutto quello che il “Chino” ha fatto vedere all’Inter, per tutto quello che poteva essere e non è stato.
Quando si accende, Recoba regala lampi di classe: sontuosi pallonetti, missili all’incrocio, punizioni imprendibili, slalom da fuoriclasse e gol da distanze siderali. Tutti, ovviamente, con lo stesso piede, il sinistro, caratteristica distintiva dei grandissimi. Il giocatore preferito dal presidente Massimo Moratti, che amava la capacità del Chino di entrare in partita rapidamente. “Pigro e romantico” come lo definì la moglie Lorena Perrone, a volte si concedeva qualche pausa fra una meraviglia e l’altra. D’altronde anche il suo hobby era emblematico della sua personalità: il 20 interista amava infatti molto pescare, trascorrendo ore, giorni nei periodi di fine stagione, in solitaria con barca e canna da pesca, in balia dei suoi pensieri. Uno dei tanti gol indimenticabili lo segnò il 9 gennaio 2005, in un’epica rimonta contro la Sampdoria: l’uruguaiano entra a 13’ dal termine e firma con un collo esterno di rara bellezza il gol del sorpasso allo scadere.
Al fischio d’inizio di Inter-Brescia, prima giornata di campionato del 1997/98, in pochi conoscono Álvaro Recoba. È il debutto di Ronaldo e il giovane uruguaiano con il viso da orientale che entra a 20’ dalla fine sembra quasi un intruso. La comparsa, però, ruba la scena al protagonista annunciato: due gol da fuori area con il sinistro ribaltano la partita e mandano in estasi il popolo nerazzurro, che già intravede nel “Chino” un nuovo campione. Il suo piede batterà soltanto un altro colpo in quella stagione, ma è una rete pazzesca, da centrocampo, al portiere dell’Empoli. Del resto, Álvaro è così: geniale e imprevedibile, uomo di pennello più che di fatica. Nei suoi anni conosce anche la panchina e a volte fatica ad inserirsi nello scacchiere tattico, ma i colpi sono di primissimo ordine.