Il più grande stadio del nostro Paese non poteva che essere intitolato, nel 1980, a un monumento dello sport nazionale: Giuseppe Meazza, bandiera dell’Inter e bi-campione del mondo con la maglia azzurra. E poco importa se nel frattempo sono sorti impianti più recenti, ricchi di comfort e attività collaterali. Per chi ama il calcio, in Italia, San Siro non ha eguali.
Chi ha avuto la fortuna di calcare il campo da gioco avrà sicuramente provato quel misto di paura e ammirazione che gli spalti gremiti incutono: è il “miedo escénico”, termine prestato da Gabriel García Márquez al mondo del calcio e prerogativa riservata a pochi, maestosi, impianti sportivi. Perché il prestigio dello stadio non è soltanto emanazione delle sue gradinate verticali o delle sue curve ribollenti di passione. È anche la consapevolezza della storia che è passata su questo rettangolo d’erba, delle sfide del passato che aleggiano eterne fra queste mura. Dal derby inaugurale nel 1926, alla seconda Coppa Campioni dell’Inter nel 1965; dalla partita d’esordio del Mondiale 1990 alle finali di Champions: in ogni epoca, campioni di tutto il mondo hanno regalato spettacolo sul palcoscenico della “Scala del calcio”.
È difficile, arrivando nei pressi dello stadio di San Siro, non provare un brivido di meraviglia di fronte a quella che sembra un’”astronave atterrata nella periferia di Milano”, come da definizione di un autorevole quotidiano britannico. E il fascino del “Giuseppe Meazza” aumenta man mano che ci si avvicina ai suoi cancelli, che si salgono le sue mastodontiche torri, che si sente, sempre più alto, il ruggire del pubblico.