Poco più di un anno dopo, mentre guidava i suoi uomini oltre le linee nemiche, trovò la morte. Fu in seguito insignito della medaglia d’argento al Valore Militare, riconoscimento per quello che fu senza dubbio il primo eroe del calcio italiano. “Dormi sepolto in un campo di grano, non è la rosa non è il tulipano, che ti fan veglia dall’ombra dei fossi ma son mille papaveri rossi.” La poesia di Fabrizio De Andrè, universale denuncia contro ogni guerra, si adatta perfettamente a descrivere la storia di Virgilio, che come il Piero della canzone fu strappato al fiore dei suoi anni.
97 presenze in nerazzurro corredate da 4 gol e uno scudetto, il primo, ovviamente, della storia interista. Virgilio Fossati a ventiquattro anni sembrava avviato a una carriera esemplare, ma non aveva fatto i conti con la Grande Guerra. Il 23 maggio del 1915 la F.I.G.C. sospese tutti i campionati, a seguito dell’entrata in guerra dell’Italia dopo nove mesi di neutralità.
Il primo. Primo Capitano del Football Club Internazionale, prima bandiera nerazzurra, primo mediano della storia della Nazionale Italiana, essendo in campo nella partita d’esordio degli azzurri, il primo portato via dalla Guerra, con la G maiuscola, nel 1916. Virgilio Fossati era, si legge negli archivi, un milanese di Porta Ticinese, entrò giovanissimo nell’Inter, per portarla al primo scudetto, nel 1910. Suppliva a un fisico non di primo ordine con senso tattico, tecnica e soprattutto un coraggio fuori dal comune. Nato per giocare a calcio, lo definivano le cronache dell’epoca, anzi al football, come quell’era pioneristica e anglofona era chiamato lo sport di riferimento. Il 15 maggio del 1910, diciannovenne, scese in campo in Italia-Francia, prima gara in assoluto della Nazionale Italiana, di cui Fossati fu anche capitano.