In Italia incontra qualche difficoltà di ambientamento, ma si riscatta trascinando i nerazzurri alla conquista della Coppa Uefa del 1994, anno in cui si laurea capocannoniere della competizione. Si capisce presto che quella sarà, per lui, una campagna europea trionfale. Nel primo turno l’Inter incontra il Rapid Bucarest e la partita d’andata è uno show di Bergkamp, che realizza una tripletta, mettendo in mostra tutto il suo repertorio: un rigore calciato con freddezza glaciale, un pallonetto superbo e una spettacolare semirovesciata in acrobazia. Con il pallone vicino, Dennis non ha paura di rimanere sospeso in aria.
Un timore che nasce da lontano, su cui circolano parecchie storie. Dennis sarebbe rimasto traumatizzato quando era ragazzo, da una turbolenza durante un volo sulla Sicilia. Poi un incidente aereo in cui morirono diversi giocatori olandesi (1989) e lo scherzo di un giornalista a bordo dell’aeroplano della nazionale (1994) ridestano la sua fobia, portandolo alla decisione definitiva. Terrorizzato ad alta quota, Bergkamp è invece perfettamente a suo agio in campo. Figlio del “calcio totale”, apprende l’arte direttamente dal migliore dei maestri: Johan Cruijff, suo primo mentore e allenatore all’Ajax. E impara bene: a una mostruosa tecnica di base aggiunge una visione accelerata del gioco, che gli consente di capire dove finirà il pallone prima degli avversari e di trovare traiettorie irreali per tiri in porta o passaggi illuminanti.
Quando lascia l’Inter, nel 1995, Dennis Bergkamp pretende una clausola nel contratto con la sua nuova squadra, l’Arsenal: non parteciperà alle trasferte più lontane, perché non intende viaggiare in aereo. Bergkamp è stato uno degli attaccanti più talentuosi della sua generazione, un fuoriclasse che ha incantato a cavallo degli anni Duemila: a Milano, però, il suo genio ha brillato a sprazzi e i tifosi nerazzurri lo ricordano soprattutto per la paura di volare.