Grazie all’intuizione dell’allenatore portoghese, che lo mette al centro della manovra offensiva, “Wes” dà il meglio di sé: nel 2010 vince tutto con il club e raggiunge la finale mondiale con l’Olanda, sfiorando il podio del Pallone d’Oro. San Siro lo coccola e freme ogni volta che c’è un calcio di punizione. Da fermo, Sneijder va a segno sia di potenza che di precisione, come accade in una memorabile rimonta contro il Siena del gennaio 2010. Gli alti e bassi delle stagioni successive non ne intaccano il ricordo: per tutti gli interisti Wesley resterà il cecchino infallibile dei trionfi nerazzurri.
Mentre i tifosi cercano di capire come si pronunci il suo nome, Wesley si presenta alla Milano nerazzurra: corsa, dribbling e passaggi filtranti sono i suoi biglietti da visita. Al quinto minuto della sua prima partita, un derby, scalda le mani al portiere avversario, al 40’ costringe Gattuso a un fallo da espulsione e al 74’ esce fra gli applausi scroscianti della Curva Nord, dopo una prestazione superlativa. L’Inter vince 4-0, il preludio perfetto alla magnifica stagione del Triplete. E nelle vittorie di quell’anno, il contributo dell’olandese è fondamentale: Sneijder è un trequartista atipico, che combina tocchi raffinati e bolidi dalla distanza, assist visionari e inserimenti spietati. Il “10” ideale per una squadra tutta classe e carattere, l’ultimo tassello che José Mourinho esige per il suo dream-team.
La sera del 29 agosto 2009 il pubblico di San Siro si stropiccia gli occhi incredulo durante il riscaldamento del derby: fra i titolari dell’Inter c’è Wesley Sneijder, che è arrivato ad Appiano Gentile soltanto due giorni prima e ha fatto appena in tempo a conoscere i compagni.