Sono due mosse decisive: al termine di quella stessa stagione l’Inter è campione d’Italia per l’undicesima volta dopo una rimonta epica proprio sui cugini del Milan e Boninsegna è capocannoniere con 24 gol. Sotto la gestione Fraizzoli arriveranno ancora due Coppe Italia nel 1978 e nel 1982 e un altro scudetto nel 1980. Il 18 gennaio del 1984 Fraizzoli cede a Ernesto Pellegrini una società senza debiti. L’ombra del passato è lontana sedici anni.
Il vangelo secondo Fraizzoli, che succede a Moratti nel 1968, ha come primo comandamento i conti in ordine, il rigore nei bilanci. E non si può sgarrare neanche di un centesimo. Nelle vene del neo-presidente scorre il sangue dell’imprenditore lombardo. Tutto è programmabile, anche uno scudetto. Tre anni è il tempo che si concede. Quando ci si impone un budget limitato, però, bisogna anche saper fare di necessità virtù. Serve l’intuizione. Ne arrivano due, per la precisione. Una, senza dubbio, è Roberto Boninsegna che, dopo aver iniziato con le giovanili dell’Inter, girato l’Italia e trascorso un’esperienza in Nord America, torna a Milano nell’estate del 1969. L’altra è l’allenatore della Primavera Giovanni Invernizzi che sostituisce il paraguaiano Heriberto Herrera alla quinta giornata del campionato ‘70-‘71.
Parsimonioso, oculato, capace di raccogliere un’eredità pesantissima come quella dell’Inter di Angelo Moratti, abbinando i risultati a una gestione societaria impeccabile. Ivanoe Fraizzoli, in sedici anni di presidenza nerazzurra, mette in bacheca due scudetti, due Coppe Italia e sfiora la Coppa dei Campioni nel 1972, ripartendo da zero e con alle spalle l’ombra ingombrante di una squadra, quella di Helenio Herrera, che ha dominato in Italia e in Europa.