Brehme ha talmente tanta qualità che spesso è lui a vestire i panni del regista, assumendosi tutti i suoi compiti e le relative responsabilità . Aiutato anche da un carattere forte, dalla freddezza tipicamente tedesca che non fa tremare nei momenti cruciali, insostenibili per altri. È lui a battere il rigore decisivo che permette alla Germania di alzare la Coppa del Mondo a Italia ’90, è lui che sale sul podio al terzo posto nella classifica del Pallone d’Oro dello stesso anno ed è sempre lui a fare da precursore al concetto moderno di terzino. Nel 1992 lascia un’Inter arricchita di un Campionato, una Supercoppa e una Coppa Uefa, ma con un rebus ancora da sciogliere: il segreto dei suoi piedi gemelli.
L’allenatore intuisce che è la fascia sinistra quella in cui può esprimersi al meglio e non si sbaglia. Viene ripagato con un repertorio fatto di cavalcate inarrestabili, cross velenosi e sì, anche gol. Brehme usa talmente bene entrambi i piedi che è difficile dire quale sia quello preferito. Lui fa di tutto per non dare indizi. Calcia i rigori sia con il destro che con il sinistro e quando pensi di aver risolto il rebus, ecco che lui spariglia il mazzo. Come quando in una partita contro il Pisa, nella seconda giornata del campionato 1988-89, pareggia il vantaggio iniziale dei toscani con una volée di destro da fuori area che fulmina il portiere. Il dubbio resta, ma poco importa. Conta il risultato.
Andreas Brehme arriva a Milano in punta di piedi, senza troppe aspettative. Quel tedesco dalla folta chioma bionda, che usa indifferentemente destro e sinistro, però, è destinato a far ricredere tutti, lasciando a bocca aperta anche il più scettico dei tifosi. Brehme viene acquistato dall’Inter nel 1988 dal Bayern Monaco, insieme ad un altro tedesco non male come Lothar Matthäus. Con Klinsmann formano la colonna teutonica e portante della micidiale Inter dei record di Trapattoni, al quale Brehme deve parecchio.