Con la maglia dell’Inter, Ibrahimovic arriverà dove nemmeno il Fenomeno è mai riuscito, vincendo per tre volte il campionato e in una stagione anche la classifica marcatori. I trionfi nerazzurri di quegli anni portano tutti il suo marchio, impresso con giocate disarmanti e veri capolavori sportivi. Tra cui la doppietta che vale il 16esimo scudetto: nell’ultima giornata del campionato 2007/2008, l’Inter sta pareggiando 0-0 a Parma, mentre la Roma, in vantaggio a Catania, sarebbe virtualmente campione d’Italia. A inizio secondo tempo, Roberto Mancini inserisce Ibrahimovic, fuori da un mese e mezzo per un ginocchio malconcio. È come sfregare la lampada e chiedere al Genio di realizzare un desiderio: Zlatan entra, fa due gol, e si cuce sul petto il tricolore. Nei tumultuosi festeggiamenti per il titolo, si racconta, tutti i giocatori ringraziano l’allenatore: tutti tranne uno. “Prego”, dice Zlatan.
Quell’attaccante, che ora gioca nel Milan, è stato l’idolo assoluto della sua gioventù. Zlatan cresce in un quartiere difficile di Malmö guardando le sue prodezze e sognando di imitarlo: ora se lo ritrova davanti come avversario, per la prima (e unica) volta nella sua carriera. Ma non c’è tempo per abbandonarsi ai ricordi: a fine primo tempo i rossoneri sono avanti 1-0 (proprio grazie a un gol del brasiliano) e a Ibrahimovic tocca caricarsi la squadra sulle spalle. Nella ripresa, dopo quello sguardo misto di sfida e ammirazione al suo giocatore preferito, Zlatan eclissa Ronaldo con un assist e un gol, conquistando definitivamente i cuori nerazzurri, in un ideale passaggio di consegne fra fuoriclasse.
Si racconta che Alessandro Magno vedesse la sua storia riflessa nel mito di Achille e che Carlo XII di Svezia leggesse la propria in quella di Alessandro. Zlatan Ibrahimovic, condottiero svedese di uomini ma solo su un campo di calcio, deve provare la stessa sensazione quando guarda in trance Ronaldo, durante il derby di ritorno della stagione 2006/2007.