E per i gol, tanti, che mette a segno in tutti i modi: di piede, di testa, di rapina o in acrobazia. Alla fine saranno 171, con due titoli di capocannoniere vinti e il terzo posto nella classifica all-time dei marcatori del club. Il più spettacolare è una rovesciata fulminante contro il Foggia nel 1971, sigillo finale all’undicesimo tricolore: a conti fatti l’unico titolo conquistato con la maglia dell’Inter. Ma, pur vincendo più altrove, il cuore di “Bonimba” resterà per sempre nerazzurro e la sua immagine legata alle cannonate con cui faceva esplodere San Siro. Il primo amore non si scorda mai.
Quella di Boninsegna con la maglia dell’Inter è una storia d’amore tortuosa e complicata. Cresciuto nel settore giovanile e interista dalla nascita, Roberto è una giovane promessa quando viene mandato a farsi le ossa a Prato, Potenza e Varese: in quegli anni comincia a mostrare le stimmate del goleador di razza, ma si perde i successi della squadra di Herrera. Poi è il Cagliari a innamorarsi di lui: tre anni di passione in cui fa coppia con Gigi Riva, il migliore della sua generazione. Al suo ritorno a Milano, Boninsegna è ormai un centravanti affermato, tanto da meritare un soprannome coniato dalla penna di Gianni Brera. Da una crasi fra il suo cognome e quello di Bagonghi, agilissimo nano dei circhi dell’epoca, nasce l’appellativo di “Bonimba”, un attaccante che sovrasta gli avversari a dispetto della statura non eccelsa. All’Inter Roberto vive gli anni migliori della sua carriera, con i tifosi che lo amano per lo spirito da combattente che mostra in ogni partita.
“Presidente, alla Juve ci va lei”. Nell’estate del 1976 Roberto Boninsegna non ha nessuna intenzione di lasciare l’Inter, con la quale ha segnato valanghe di gol e vinto uno scudetto. Ivanoe Fraizzoli, però, lo ha già venduto alla rivale di sempre, in un affare che si rivelerà pessimo per i colori nerazzurri.