West è legato anche alla prima grande gioia della presidenza di Massimo Moratti. Fa parte della spedizione nerazzurra, guidata da Gigi Simoni in panchina, che si prende la Coppa Uefa a Parigi nel 1998 in finale contro la Lazio. Poco meno di due anni più tardi la sua avventura con l’Inter finisce e a gennaio del 2000 ne comincia una nuova, sulla sponda rossonera del Naviglio. Da allora sono passati ormai 18 anni, ma per i tifosi nerazzurri, dimenticare Taribo West e le sue treccine è praticamente impossibile.
È un eccentrico West, sia in campo che fuori. Ne sanno qualcosa le malcapitate gambe degli avversari quando decide che o passa la palla o il giocatore, mai entrambi. E ne sanno qualcosa Lucescu e Lippi che più volte devono vedersela con la sua animosità irriverente, parte essenziale di un calciatore che, pur giocando da difensore, sa anche andare all’attacco con guizzi di vera genialità. E non solo in campo. Un giorno, per esempio, tutta la squadra è a tavola. Manca solo Taribo. Lippi, forse anche un po’ infastidito, lo manda a chiamare. Poco dopo lui si presenta e sentenzia: “Mister, stavo pregando, Dio mi ha detto che oggi devo giocare”. Risposta: “Strano, a me Dio non ha detto nulla. Vieni a mangiare che è meglio, pregherai dopo”.
Carattere stravagante come le sue treccine colorate, irriverente, spesso polemico e forse, per tutte queste ragioni insieme, idolo della tifoseria. Taribo West varca i cancelli de La Pinetina nel 1997 da medaglia d’oro olimpica con la sua nazionale ad Atlanta 1996. È un giovane difensore nigeriano che arriva dall’Auxerre, piuttosto rude per la verità, ma anche capace di lavorare su sé stesso e migliorarsi. Cresce molto tecnicamente e in tempi piuttosto rapidi. Sul carattere, invece, la situazione è più complessa.