Nell’Inter giocò solo due anni, senza vittorie e con una Coppa Uefa sfumata in finale ai rigori contro lo Schalke 04. Ma nell’estate del ‘97 decise di tornare in Inghilterra per volere della moglie, perdendosi così l’occasione di poter giocare assieme a Ronaldo. Con l’inglese ancora in mezzo al campo negli anni successivi forse le cose per i nerazzurri sarebbero andate diversamente, come disse lo stesso Moratti. Nel 2000, infatti, dichiarò: “Mi manca, Ince. Un giocatore, ma soprattutto un uomo immenso. Mai una simulazione, anzi ricordo che andava a insultare i suoi compagni che facevano scena”. Non tornò, ma i tifosi dell’Inter non si scordarono mai la grinta e la personalità di “The Governor”.
È stato il primo giocatore di colore a essere nominato capitano della Nazionale inglese. E anche lui fu vittima di quell’ignoranza razzista di cui è ancora malata una parte del tifo italiano. Era la stagione 95-96, l’Inter giocava a Cremona e dopo uno scontro di gioco con il portiere Turci, i tifosi biancorossi cominciarono a urlargli contro improperi e insulti di ogni tipo, con un unico protagonista, il colore della sua pelle. Per tutta risposta Ince cominciò ad applaudire sarcasticamente i tifosi avversari, venendo in cambio ammonito dall’arbitro. “Provai un senso di disgusto – commentò in seguito – per fortuna arrivarono tante scuse più avanti”.
È un tema delicato, nel calcio e fuori dal calcio, ed è un male che non è ancora stato debellato. Uno dei primi calciatori ad aver dovuto fronteggiare il razzismo in Italia è stato Paul Ince. Non era certo un giocatore normale: grinta, tecnica, forza atletica. Era un calciatore completo con una personalità fortissima tanto da guadagnarsi il soprannome di “The Governor”.