Il poco spazio lasciato allo spettacolo, però, fa storcere un po’ il naso, soprattutto alla stampa. Così Foni, la stagione successiva, cambia senza perdere, però, quei principi di solidità e organizzazione che sono stati gli ingredienti fondamentali per il sesto scudetto. Vince ancora, con il miglior attacco e la seconda miglior difesa, ma, cosa ancora più importante, lascia un’eredità che diventerà la chiave del nostro modo di pensare sul rettangolo verde: quel calcio all’italiana, volgarmente detto “catenaccio”, che sarà alla base dei successi futuri, anche della nuova Inter che sta nascendo: quella del presidente Angelo Moratti.
I nerazzurri segnano tanto, danno spettacolo, ma non vincono: ben 107 gol nella stagione 1950-51, 86 in quella successiva, ma a prendersi lo scudetto sono il Milan prima e la Juventus poi. E sì, perché la statistica dei gol subiti, per la squadra del presidente Masseroni, è impietosa: per 92 volte in appena due campionati la rete nerazzurra è stata violata. Così Foni decide di partire da qui. Costruisce una squadra solida, impermeabile, che concede poco all’estetica, ma che sa far male in qualsiasi momento grazie all’estro dei tre ragazzi terribili del reparto offensivo: Lorenzi, Nyers e Skoglund. Il massimo risultato con il minimo sforzo, ma solo apparentemente. Una squadra “sparagnina” usando la definizione di Brera. Delle 19 vittorie conquistate nella prima stagione, otto sono per 1 a 0. E alla fine dei giochi l’Inter è campione d’Italia per la sesta volta, tredici anni dopo l’ultimo successo, con appena 46 gol fatti, ma solo 24 subiti.
Pragmatico e vincente, sia da giocatore che da allenatore, oro olimpico a Berlino nel 1936 e campione del mondo due anni più tardi con la maglia della nazionale italiana a Parigi. In sintesi Alfredo Foni. L’uomo al quale il presidente Masseroni decide di affidare la panchina dell’Inter nel settembre del 1952 dopo due stagioni consecutive in cui i nerazzurri finiscono dietro ai cugini rossoneri. L’Inter ha del potenziale, ma deve riuscire a convogliarlo verso l’obiettivo massimo.