Anche perché intorno a lui girano molte storie: si narra che durante una partita con la nazionale alle Olimpiadi del ’24 scaglia un tiro così potente che colpisce il portiere avversario in piena faccia e gli trancia un pezzo di lingua. Muore a 64 anni nel 1968. E anche nelle ultime ore della sua vita pensa al calcio. Levratto è dentro il suo letto ma è convinto di essere ancora in campo. E preso dal delirio incita i suoi compagni immaginari: “Via, via avanti”.
Ma la figura di Levratto riesce a superare le cronache sportive ed entra di diritto nella cultura popolare grazie a una canzone molto di moda in quegli anni che nel ritornello recita: “Oh oh oh oh che centrattacco! Oh oh oh oh tu sei un cerbiatto! Sei meglio di Levratto, ogni tiro va nel sacco, oh oh oh che centrattacco!”. La canta il “Quartetto Cetra”, un gruppo molto famoso nel secondo dopoguerra. Sono gli anni della ricostruzione, quelli delle prime trasmissioni Rai e dei primi festival di Sanremo. Levratto si è ritirato già da anni ed è diventato allenatore ma il suo tiro devastante e le sue gesta in campo non sono ancora dimenticate.
Dici Meazza e non c’è tifoso che non lo ricordi, anche solo perché gli è stato dedicato lo stadio di Milano. Dici Levratto e solo i più anziani e attenti tifosi interisti potranno collegare un nome a un volto e soprattutto a un piede. Felice Virgilio Levratto in realtà è stato uno dei più grandi attaccanti italiani degli anni ’20 e ’30. Un centravanti potente, alla Gigi Riva o alla Bobo Vieri. E proprio con Giuseppe Meazza fa coppia per due stagioni nell’Inter (32-33 e 33-34) che allora, in pieno periodo fascista, si chiama Ambrosiana Inter. Risultato: 71 gol in due.