Nell’Inter giocò per quattro stagioni segnando oltre 50 gol. Tanti, perché non era un attaccante, ma definirlo un regista di centrocampo sarebbe riduttivo. Era un giocatore talmente completo per tecnica, forza fisica e visione del gioco che poteva ricoprire qualsiasi ruolo. Con i nerazzurri vinse anche una Supercoppa Italiana, sempre nell’89, e la Coppa Uefa del ‘91. A interrompere la sua storia con l’Inter fu un gravissimo infortunio ai legamenti del ginocchio subito nel ’92. Decise quindi di tornare in patria con la maglia del Bayern Monaco con cui vinse molti altri trofei. Ma lo Scudetto dei record vinto con l’Inter avrà sempre un valore speciale per uno dei più grandi giocatori della storia del calcio. E non a caso durante i festeggiamenti dichiarò: “Uno scudetto qui a Milano? Vale come tutti e tre quelli vinti con il Bayern”.
In quel pomeriggio del maggio 1989 l’uomo più forte in campo fu Lothar Mattheus, non Maradona. E per capire la statura mondiale del campione tedesco basta ascoltare le parole di Diego: “Il miglior avversario che abbia avuto in tutta la mia carriera, credo che basti questo per definirlo”. I due si incontrarono e si scontrarono molte volte: leggendarie furono le due finali mondiali dell’86 e del ’90, la prima vinta dall’Argentina e la seconda dalla Germania; in quell’anno Lotharone vinse anche il Pallone d’oro.
Quella punizione non avrebbe neanche dovuto calciarla. E, infatti, il primo tentativo spettò al suo connazionale Brehme, ma i giocatori del Napoli uscirono dalla barriera in anticipo e la punizione fu da ripetere. Così sul pallone andò Lothar Mattheus, che scagliò un destro violentissimo, impossibile da vedere per il portiere Giuliani. San Siro esplose perché quel gol fu decisivo per lo Scudetto dell’89, quello dei record.