Mourinho poi lo fa riposare in campionato e lo ripresenta titolare nella finale contro il Bayern con un compito quasi impossibile: limitare le scorribande di Robben, l’ala più forte del mondo. Chivu riesce anche in questa impresa e insieme ai compagni alza al cielo la “coppa dalle grandi orecchie”. Nella tiepida notte di Madrid il gelo di Verona è solo un ricordo lontano.
Invece, il 22 maggio, appena quattro mesi dopo il tremendo infortunio, giocherà da titolare la partita più importante della sua carriera, la finale di Champions League contro il Bayern Monaco. In mezzo, dopo la terapia intensiva e la grande paura di non indossare mai più delle scarpe da calcio, la riabilitazione e il ritorno in campo con un caschetto protettivo che lo accompagnerà per il resto della sua carriera. Chivu torna a disposizione di Mourinho che lo considera fondamentale nel suo scacchiere. Il 28 aprile l’Inter gioca nella bolgia del Camp Nou contro il Barcellona dopo aver vinto 3 a 1 l’andata. Ma i Blaugrana sono sicuri, in finale ci andranno loro. Pochi minuti prima dall’inizio Pandev si fa male. Lo “Special One” non ha dubbi, l’unico giocatore della panchina che può reggere l’impatto con un match del genere è Chivu. E, infatti, il rumeno gioca una partita eroica, rincorre Messi e compagni per tutti i 90 minuti e alla fine l’Inter passa il turno.
Il 6 gennaio 2010 è un giorno che Cristian Chivu non dimenticherà facilmente. L’Inter gioca nel campo gelato di Verona contro il Chievo. All’inizio del secondo tempo, il difensore rumeno si scontra con Sergio Pellissier in un contrasto aereo. L’impatto è tremendo e ad avere la peggio è proprio il nerazzurro, che viene subito trasportato in ospedale dove è sottoposto a una delicata operazione di un’ora e mezza per ricostruire la scatola cranica. Per Chivu il calcio giocato improvvisamente diventa qualcosa di lontano, legato al passato e non al futuro.